L'Adriatica a piedi
Dal litorale di Casalbordino a Punta Penna sulle tracce di una vecchia ferrovia
Ecco un bell'esempio di come un tronco di una ferrovia dismessa potrebbe diventare, con un po' di buona volontà, una gradevole pista ciclabile e pedonale di lungomare. Siamo in Abruzzo, nei pressi di Vasto, sul litorale adriatico che va dalla foce del fiume Sinello a Punta Penna, uno degli ultimi scampoli quasi incontaminati di natura. La sorte ha voluto che con la costruzione della nuova linea ferroviaria adriatica, più arretrata verso l'interno, la vecchia linea sia stata abbandonata e rimanga oggi una preziosa risorsa da recuperare come itinerario escursionistico. La massicciata, i ponti, i caselli e le altre opere d'arte della linea giacciono in abbandono e sono il melanconico ricordo dell'unico binario che qui correva da Pescara a Foggia. Attorno si trovano ambienti naturali altrove rarefatti come una successione di dune marine, scogliere, ripide scarpate ricoperte di canneti e tamerici, profondi e ombrosi valloni. La zona è così bella che il Wwf vi ha da tempo proposto l'istituzione di un'oasi naturalistica.
Si può partire in treno da Pescara e raggiungere in un'oretta di viaggio la stazione di Casalbordino, da cui iniziare questa bella passeggiata sulle orme della vecchia ferrovia. Ci vorranno un paio d'ore per arrivare alla successiva stazione di Porto di Vasto, ma potrete spendere il resto della vostra giornata sulla spiaggia o, se vorrete, in qualche trattoria della zona. La primavera è il periodo più indicato per godere della fioritura delle ginestre e per ammirare la bellezza dei campi coltivati. Per il momento si tratta di seguire il percorso secondo i suggerimenti del testo e della cartina, ma chissà che a breve non si provveda davvero ad attrezzarlo per il piacere di tutti. Basta poco: qualche cartello, un po' di manutenzione e di vigilanza e la cosa è fatta.
Dal litorale di Casalbordino a Punta Penna.
Itinerario lineare a piedi con partenza dalla stazione Fs di Casalbordino e arrivo alla stazione Fs di Porto di Vasto. Si svolge in gran parte sulla massicciata della vecchia ferrovia adriatica, senza nessuna difficoltà.
Lunghezza: km 7.8 Dislivello: insensibile.
Tempo medio di percorrenza (escluse le soste): 2 ore.
Informazioni utili: utili le provviste di acqua e alimentari da consumare sul percorso, ma si tenga presente che sia a Casalbordino sia a Porto di Vasto si trovano bar e negozi di alimentari. Per un pranzo in trattoria con un ottimo "brodetto di pesce": ristorante Il Corsaro, via Fonte Oppio, Punta Penna (alla fine dell'itinerario), tel. 0873/310113.
Indirizzi utili: Azienda di soggiorno e turismo di Vasto, piazza del Popolo, Vasto città, tel. 0873/367312.
Periodo consigliato: primavera.
Un tempo lungo la ferrovia adriatica, che collega il nord e il sud della penisola, correva sbuffando la "Valigia delle Indie", un treno internazionale che consentiva ai viaggiatori inglesi di imbarcarsi a Brindisi per gli scali asiatici tramite il Canale di Suez. Costruita in vari tronchi a partire dal 1863, essa fu completata nel 1866 con l'ultimo tronco, da Brindisi a Lecce. Elettrificata solo nel 1959, la ferrovia adriatica, ancora oggi in qualche tratto a binario unico, rientra nei programmi di riassetto della rete nazionale con il completo raddoppio e l'apertura di tratti in variante al vecchio tracciato.
In un paesaggio molto turbato dalle espansioni residenziali turistiche, può sorprendere trovare un breve tratto di costa rimasto sostanzialmente con l'aspetto del lontano passato, privo di strade e di costruzioni. Dal Cònero fino a Ortona, fino all'inizio del Novecento, la costa era quasi deserta, occupata solo da qualche torre, a memoria di antiche scorrerie piratesche, da qualche casale e da rudimentali approdi. Fu la ferrovia, per prima, ad attrarre popolazione e attività, ma molto di più fecero poi le strade, l'esodo dalle zone interne dell'Appennino e la valorizzazione turistica degli ultimi decenni.
Casalbordino Stazione raggruppa una manciata di vecchie case a ridosso della ferrovia e una sfilata di villini lungo la spiaggia. Sottopassando la ferrovia si esce subito sul lungomare. Prima però gettate uno sguardo sulla facciata della stazione. Vi troverete una lapide in memoria del comandante del treno armato che durante la prima guerra mondiale proteggeva il litorale da temuti cannoneggiamenti austro-ungarici.
Si prende a seguire verso destra la strada di lungomare che, superate le ultime case, si biforca. Seguite il ramo di destra passando accanto al campeggio Poker fino a incontrare il ponte del tratto di ferrovia abbandonato. Una rampa consente di salire sulla massicciata, trasformata in stradello sterrato. Questa è la traccia da seguire. Subito si scavalca il fiume Sinello, prossimo alla foce, e si avvicinano le colline. Sulla pendice si staglia un casello in rovina; sulla facciata campeggia ancora l'indicazione della distanza progressiva: 400 chilometri da Bologna Centrale, inizio della linea adriatica! Piante di fico e un tappeto di asparagi selvatici nascondono un lungo muro scavato da nicchie, che serviva da protezione alla ferrovia. Sulla sinistra, folti canneti preludono al mare. Sarebbe bello, in una prospettiva di recupero di questo tracciato, ricollocare qualche decina di metri di binario con le sue traversine in legno, un vecchio segnale a disco, sistemarvi magari una locomotiva o una carrozza. Non perdere del tutto la memoria di questo luogo, anzi valorizzarlo quasi come un piccolo museo all'aria aperta.
Le colline plioceniche del basso litorale abruzzese arrivano qui fino al mare e in qualche punto, come a Punta d'Erci, vi si protendono dando vita a una costa scogliosa. Alle spalle, la loro morfologia è piuttosto uniforme, dilatandosi in lunghi ripiani, favorevoli alle coltivazioni, cui si frappongono piccole fratture dove si riparano macchie di robinie, roverelle e qualche leccio.
Si continua a lungo in questo paesaggio, disturbati solo dal volo rapido e guizzante delle ballerine, dei saltimpali e delle rondini. Fra i rovi si celano spesso i nidi dell'occhiocotto, un piccolo uccello insettivoro che ha fatto di queste zone costiere un habitat ideale. Deve il suo curioso nome agli anelli arancioni che contornano gli occhi. Il piumaggio è di colore grigio-violaceo nelle parti superiori, e bianco in quelle inferiori.
Giunti all'altezza di un rudere, semisepolto dalla vegetazione, si abbandona l'ex-ferrovia che con una larga curva piega verso le colline; si segue, sulla sinistra, una stradina sterrata che scende al mare, alla spiaggia di Mottagrossa. I campi quasi la aggrediscono. Si incontrano solo un paio di baracche. Proseguendo ora lungo la costa, fra i canneti, si supera un lieve dosso e si arriva a Cala d'Erci, una mezzaluna sabbiosa, posta a ridosso della scogliera omonima. E' il luogo ideale per una sosta prima di risalire il promontorio dal quale si gode un'ottima veduta panoramica sul tratto di costa appena percorso, sulla spiaggia di Punta Penna che si spalanca ora dinanzi agli occhi, sui lontani rilievi innevati della Maiella e del Gran Sasso. Lo specchio di mare sottostante ospita una ricca fauna acquatica: alghe come la rossa alimenia e la piccola acetabularia, curiosi pomodori di mare e i cosiddetti capelli di serpe, dai tentacoli urticanti.
Seguendo sempre il percorso lungo costa si lascia Punta d'Erci e s'incontra, purtroppo, l'unica nota dolente del percorso: un'improvvida e incompiuta area industriale ridossata al mare, circoscritta da una larga e inutile strada ingombra da rifiuti d'ogni genere. Un vero peccato che toglie non poco il piacere del cammino appena fatto. All'estremità opposta di questa zona male urbanizzata si accede, per una lunga scalinata, alla spiaggia dunale di Punta Penna. Sullo sfondo si profilano le attrezzature del porto di Vasto con il suo alto faro. Un cartello indica che il sito è protetto anche se ciò non induce a un miglior rispetto dell'ambiente. La spiaggia mantiene però il suo fascino. Sui diversi cordoni di basse dune sabbiose vegetano le tipiche piante pioniere di questi ambienti. L'eringio è una pianticella di colore grigio-verdastro dalle foglie spinose e dentate. Il ravastrello invece, dai fiori rosacei, è una vera colonizzatrice delle spiagge: le sue radici striscianti fermano la sabbia dando vita a piccole dune, le sue foglie trattengono ogni possibile goccia d'acqua dolce, i suoi semi infine sono trasportati dalle maree su altre spiagge lontanissime. Lo sparto pungente, infine, forma delle fitte macchie erbose sulle dune con ruvidi e taglienti steli; il suo nome scientifico - Ammophila - deriva da due parole greche che significano "ama la sabbia". Sulle dune più interne e sulle prime rupi appaiono invece specie rarissime nell'Abruzzo, come il limonio, altre più comuni, come l'elicriso dai ciuffi di fiori giallo-dorati, oppure bellissime orchidee selvatiche.
Una volta terminata la sosta sulla spiaggia, seguendo la strada che lambisce la zona industriale si raggiunge la stazione di Porto di Vasto.
Testo e disegni di Albano Marcarini. Si ringraziano per la collaborazione Dario Recubini e Lauro Petrelli.
BOX
Ricicliamo le ferrovie
Di una vecchia ferrovia non si butta via mai nulla, quasi come il maiale! Ma la si può utilmente riciclare per altri scopi, magari ricreativi o turistici. La dismissione di molte vecchie ferrovie ci ha consegnato in eredità decine e decine di chilometri di sedi viarie riutilizzabili come piste per biciclette o per sentieri pedonali. Perché non approfittarne? Nel Regno Unito, nazione dove sono nate le ferrovie, un'associazione chiamata Sustrans (Sustenible Transport) si preoccupa da qualche anno di recuperare tutte le ferrovie abbandonate e di trasformarle in "strade per la gente", utilizzabili con mezzi ecologici. Per l'anno 2000 Sustrans prevede di inaugurare una rete ciclabile, per gran parte ricavata in questo modo, lunga ben 4 mila chilometri! E in Italia? Le occasioni non mancano. Quella presentata in questo itinerario è piccola cosa, ma pensate a quante altre opportunità: la vecchia Pontebbana in Friuli, la Genova-Ventimiglia, la ferrovia della Val Brembana in Lombardia, la Sicignano-Lagonegro nel Cilento e la Lagonegro-Castrovillari in Calabria, la rete delle Ferrovie Sicule in provincia di Siracusa e chissà quante altre. Vogliamo iniziare un piccolo inventario delle ex-ferrovie da riciclare? Amici lettori di "Amico Treno", se siete a conoscenza di tronchi abbandonati di ferrovie o vecchie tranvie che possono rinascere come "strade verdi" per nuove forme di turismo ecologico, informateci. Faremo in modo di portarle all'attenzione di tutti. Potete scrivere, inviare fax o E-mail al seguente indirizzo: "Treno ti riciclo", Redazione di "Amico Treno", corso Magenta 24, 20123 Milano, fax 02-72439464, E-mail mailto:redazione.amicotreno@galactica.it
A. M.